SCRITTORI E GUSTO URBANO FRA SETTECENTO E OTTOCENTO
di: Francesco Iengo a cura di Mario Della Penna
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Capitolo XV (I parte)

UN APPUNTO SU NIETZSCHE

g) Si sarà notato che un nome in particolare è ricorso sotto le testimonianze degli scrittori ottocenteschi e, talvolta, già in occasione di quelle settecentesche: il nome di Nietzsche, il quale, a rigore, esorbireterebbe, per pure ragioni cronologiche, dai limiti imposti da questo lavoro.

Il fatto è che, con Nietzsche, pare giunga a compimento tutto quel corpo di impostazioni mentali, che costituisce il Romanticismo così come esso si manifesta fra la fine del secolo XVIII e il primo trentennio del secolo XIX, e che, dopo Nietzsche, conoscerà soltanto progressivi e diramati sfaldamenti: non per niente, Nietzsche muore quando è in pieno sviluppo la seconda rivoluzione industriale (quella legata al motore elettrico e al motore a scoppio), a partire dalla quale i vecchi problemi (non escluso quello dell'accelerazione progressiva della meccanica capitalistica in senso propriamente imperialistico - problemi peraltro già tutti impostati dall'illuminismo settecentesco, e contro di questo sistematicamente ritorti dalla reazione romantica), se non cambieranno completamente, almeno si complicheranno in maniera notevole.

Abbiamo, dunque, visto come, anche sotto il profilo del puro "gusto urbano", Nietzsche dipenda strettamente dal periodo cruciale che è stato il campo del nostro studio.

Abbiamo, per esempio, visto com'egli puntualmente registri la nuova predilezione ottocentesca, romantica e "byroniana", per i paesaggi montani (e dunque, anche per le piante cittadine eventualmente irregolari), spiegandola in termini di pura psicologia sociale, e cioè, con una sorta di noia da civilizzazione (362): la "invincibilità" naturale in atto, costituita dalle montagne, unitamente allo scorcio (piuttosto che alla dispiegata prospettiva), "illuderebbero" i moderni d'una "avventurosità", e di possibilità di "rischio", in realtà completamente eliminate dal moderno "vivere civile". Inutile sottolineare l'Urromantik d'una simile ideologia: a Stendhal venivano in mente esattamente le stesse cose, in presenza delle casefortezza medievali di Firenze.

Così, la stessa violenta polemica contro la metropoli industriale, ovvero contro la "città" che si amplia caoticamente e a dismisura anche sotto il profilo della popolosità, porta automaticamente Nietzsche, da una lato, a incrociare, e a riproporre, un'intera tradizione ideale sulla città "a misura d'uomo" (363), che da un Aristotele arriva fino a certe posizioni dello stesso Settecento (segnatamente in ambito fisiocratico), e da un altro lato, a restaurare una retorica geometrica dal punto di vista urbano, (364) la quale, rinnegando di fatto quella del panorama romantico (sempre più inafferrabile e lirico "stato d'animo"), lo rimanda, di nuovo, ad un Settecento pieno, quale quello, addirittura d'un Montesquieu.

Cose che, dunque, confermano le pagine lukacciane su Nietzsche, quando Lukacs mette in rilievo la predilezione nietzscheana piuttosto per il versante voltairiano del Settecento, che per quello rousseauviano, che rappresenterebbe una "degenerazione" in senso democratico del pensiero complessivo del secolo XVIII (anche se Lukacs non manca di sottolineare anche la contraddittorietà di simili posizioni all'interno del generale discorso nietzscheano) (365).


(362) Nota 19, III paragrafo, p.17

(363) Nota 24 V paragrafo, p.31

(364) VI paragrafo, p.36

(365) GYORGY LUKAKS, Nietzsche quale precursore dell'estetica fascista p. 348

(366) Nota 9 Chateaubriand, p.67

(367) Note 19 e 20, Leopardi, p.74 e nota 16 Stendhal p.79

(368) p.100

(369) Nota 8 Heine p. 86


Theorèin - Luglio 2008